Il rito del bucato

Come si è detto il lavaggio dei panni è un'attività piuttosto antica. Praticata inizialmente lungo i fiumi o i corsi d'acqua, nel corso del XIX e del XX secolo si è andato diffondendo la costruzione di appositi siti per il lavaggio, i lavatoi appunto. Ora possiamo dire qualcosa sulla loro collocazione. In effetti, per poter essere funzionali i lavatoi più antichi sorgevano necessariamente vicino ad una fonte d'acqua, la quale si trovava più o meno distante a seconda della collocazione del paese. La costruzione del lavatoio generamente era a carico del comune, spesso su sollecitazione delle lavandaie stesse che,stanche di lavorare in condizioni disagevoli, chiedevano a gran voce la costruzione dei lavatoi. A volte si arrivava a fare delle vere e proprie petizioni anche con la firma di molte persone. In alcuni casi, come a Barna di Plesio (CO) la stessa popolazione del paese partecipa attivamente alla costruzione del proprio lavatoio, donando al comune, se necessario, il terreno su cui costruire il manufatto. Rare volte invece, come a Bergeggi (SV) o il primo lavatoio di Sanremo del 1831, il lavatoio fu costruito per donazione di benefattori, come vescovi o nobili. In ogni caso tutto ciò è strettamente connesso alla collocazione delle sorgenti d'acqua. In città inoltre spesso i lavatoi erano costruiti fuori dalla cerchia muraria, come possiamo vedere ancora oggi, per esempio, a Sanremo. Con l'avvento degli acquedotti e il cambiamento nella mentalità nei confronti dell'igiene, il lavatoio viene "avvicinato" alla città o paese, costruendo magari nuovi e comodi lavatoi centrali a scapito delle strutture più antiche che vengono abbandonate o, nella peggiore delle ipotesi distrutte e sostituite. Guardando il sito vediamo che in qualche località si è mantenuta sia la vecchia che la nuova struttura (Gazzelli di Chiusanico o Pieve di Teco, loc. Trovasta), mentre in alcuni casi è rimasto solo il vecchio lavatoio, in quanto quella nuovo è stato abbattuto, per esigenze di urbanizzazione (Poggi di Imperia, Badalucco, per esempio) o viceversa (Torrazza di Imperia).

La lescìa

Oltre il lavaggio nei lavatoi, i panni di tanto in tanto venivano sottoposti anche ad un'ulteriore lavatura detta lescìa (trad. liscivia). Per effettuare questa operazione occorreva una caldaia (chiamata tinéllu) piuttosto capace (sui 30/40 cm di grandezza), e forato sul fondo. Dopodichè si poneva il calderone su due pietre e se ne copriva il buco di scarico con qualche rametto, in modo comunque grossolano.
Poi si dovevano sistemare i panni all'interno del tinéllu, da quelli più piccolo fino a quelli più complicati (le lenzuola rappresentavano una sorta di esame di maturità per le giovani lavandaie). Il tutto andava coperto con un telo, mentra bisognava avere cura di scaldare a parte l'acqua e cenere di legna d'olivo. Al momento dell'ebollizione dell'acqua si prelevava e la si spargeva sui panni, recuperando quella che colava dal foro di scarico per rimetterla a bollire. L'operazione era piuttosto lunga e,alla fine i panni venivano messi ad asciugare al sole, magari tra gli alberi o su un prato. Tuttavia, siccome non si sprecava nulla, il liquido raccolto, chiamato localmente lesci-assu, serviva ancora a lavare i capi più grossolani come stracci o abiti da lavoro.
La seguente testimonianza è stata raccolta da vari libri di storia locale di Lucetto Ramella.

Cenni sugli attrezzi della lavandaia

Concludiamo con qualche breve  cenno sulle attrezzature della lavandaia , ricordando il proverbio piuttosto noto "a cativa lavandéra a nu tröva préa ca ghe vagghe bèn" (grafia ritrovata su libri locali). Tra gli strumenti principali c'era sicuramente l'inginocchiatoio (carosse in francese), utilizzato in qualche paese dove si lavava ancora al fiume, anche se spesso bastava un cuscino un po' morbido, la classica paletta di legno (baturésu o mazzetta), riscontrabile fino a poco tempo fa nei lavatoi di Borgoratto a Chiusavecchia o di Realdo a Triora, la lescivosa o tinéllu (vedi paragrafo precedente) e infine la tavola rigata (lavatoio), utile laddove non c'era piano inclinato. A ciò si aggiunge sicuramente il famosissimo Sapone di Marsiglia, usato soprattutto negli ultimi tempi, mentre prima era di produzione "casalinga". 

  • Gli strumenti della lavandaia per il bucato.
  • Fonte: Museo etnografico di Triora (IM).