Lavatoi e arte

L'attività di lavare i panni a mano ha sicuramente origini che si perdono nella notte dei tempi, tanto che di lavandaie e lavatoi ne parla già in qualche misura l'Odissea!

E quando giunsero alla corrente del fiume, bellissima,
dov'erano i lavatoi perenni, molt'acqua
bella sgorgava, da lavare anche vesti assai sporche,
allora le mule sciolsero, dal carro staccandole,
e lungo il fiume vorticoso le spinsero
a brucar dolce gramigna; e loro dal carro le vesti
sulle braccia prendevano e le portavano nell'acqua bruna,
le calpestavano velocemente nei botri, sfidandosi a gara.
Lavate che l'ebbero, portato via tutto il sudicio,
in fila le stesero lungo la riva del mare, là dove più
la ghiaia sul lido il mare lavava.

VI 85-95


Ma l'origine dei lavatoi è molto più recente, dato che i primi esemplari compaiono in Italia solo agli albori dell'età moderna nel corso del 1500 (salvo precedenti sporadiche eccezioni) per poi diffondersi progressivamente solo a partire dalla metà del XIX secolo col progresso dell'igiene e della medicina.
Nella letteratura moderna si possono vedere cenni sull'attività delle lavandaie soprattutto col Naturalismo in Francia e il Verismo in Italia. Gervaise è una lavandaia protagonista del romanzo "L'assommoir" di Emile Zola, mentre Giovanni Verga ricorda il lavatoio di Aci Trezza in Sicilia, sciaguratamente distrutto negli anni '70 del secolo scorso. 
Nelle arti pittoriche si possno trovare molti quadri raffiguranti lavandaie, anche se l'argomento è in generale molto vasto per essere richiamato in poche righe da un non esperto di arte.
Ricordo qui solo Emilio Gola che ritrasse molte lavandaie milanesi nel 1800, anche se vi sono opere di Gaugin, Daumié e Renoir che rappresentano lavandaie all'opera.
Tra le poesie, notissima è quella di Giovanni Pascoli, "Lavandare", nella raccolta Myricae del 1891 e nella quale vengono descritte le lavandaie sulla gora (forse di qualche mulino).


Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi, che pare
dimenticato, tra il vapor leggero.


E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene:

 

Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
quando partisti, come son rimasta!
come l'aratro in mezzo alla maggese.

 

Infine, si potrebbero ricordare anche molti canti legati al lavaggio dei panni e ai lavatoi, cito qui a titolo di esempio il noto "Amor dammi quel fazzolettino", dove la pietra di marmo altro non è che il pubblico lavatoio!
Ma per chiudere questa sommaria rassegna vorrei citare il bel canto popolare del genovese Emilio Fossati intitolato "Ai Treuggi", nel quale si parla dei noti lavatoi di Santa Brigida che danno il nome alla piazza nel cuore del centro storico sopra il Porto antico. La canzone, che qui riporto, è in puro dialetto genovese, buon ascolto!